Oggi facciamo insieme un viaggio attraverso i sensi per parlare di cibo!
Ero in terza media quando la professoressa ci parlò del libro «Alla ricerca del tempo perduto» di Proust, iniziai a leggerlo e ne rimasi affascinata, in un passaggio l’autore scriveva:
“…in una giornata d’inverno, rientrando a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di prendere, contrariamente alla mia abitudine, un po’ di tè. Rifiutai dapprima e poi, non so perché, mutai d’avviso. Ella mandò a prendere una di quelle focacce pienotte e corte chiamate “madeleine”, che paiono aver avuto come stampo la valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo. Ed ecco, macchinalmente, oppresso dalla giornata grigia e dalla previsione di un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzetto di “madeleine”.
Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di focaccia toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me (…) Un piacere delizioso mi aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M’aveva subito rese indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità inoffensive, la sua brevità illusoria, nel modo stesso che agisce l’amore, colmandomi d’un’essenza preziosa: o meglio quest’essenza non era in me, era me stesso. (…) Donde m’era potuta venire quella gioia violenta?
Sentivo ch’era legata al sapore del tè e della focaccia, ma lo sorpassava incommensurabilmente, non doveva essere della stessa natura. (…) Donde veniva? Che significava? Dove afferrarla? (…)
Qualche paragrafo dopo l’autore chiarisce da dove arrivava quella sensazione: “E tutt’a un tratto il ricordo è apparso davanti a me. Il sapore era quello del pezzetto di madeleine che la domenica mattina a Combray, quando andavo a dirle buongiorno nella sua camera da letto, zia Leonie mi offriva dopo averlo intinto nel suo infuso di tè”.
La capacità descrittiva dell’autore mostra tutto il potere evocativo del cibo, il cibo come memoria: il passato che riaffiora custodito in un biscotto che crea un ponte con il presente.
Il cibo, infatti, non è un semplice alimento del quale ci nutriamo per trarre energia e vivere, il cibo è molto di più!
È un momento d’incontro, strumento per vivere emozioni, espressione di ospitalità, identità, cultura, scambio…memoria.
È un’esperienza molto forte che attraversa la vita dell’uomo e che avviene attraverso tutti i sensi: olfatto, vista, tatto, udito contribuiscono all’esperienza gustativa!
Ma come avviene l’esperienza del cibo?
L’occhio vuole la sua parte!
Nell’esperienza della degustazione, la vista ricopre un ruolo importante.
Il colore del cibo, la sua forma, il modo in cui viene presentato sono requisiti ben noti agli esperti di marketing, che utilizzano in modo sapiente il packaging, la confezione, degli alimenti per indurre all’acquisto. Alzi la mano chi di noi al supermercato ha comprato almeno una volta un prodotto alimentare sulla spinta della suggestione di colori e della presentazione di un prodotto alimentare! Presente, ebbene sì anche a me è capitato in passato ma la consapevolezza alimentare, parte centrale del mio lavoro e mia alleata, mi aiuta molto a gestire i meccanismi istintivi e primordiali che governano le nostre scelte; te ne parlerò in una prossima newsletter 😉
Ma la vista è importante anche per motivi fisiologici: infatti con la stimolazione della saliva e dei succhi gastrici, lo stomaco viene preparato alla digestione del cibo.
E il tatto? Il tatto è un senso chiave nel rapporto con il cibo. Attraverso il tatto conosciamo la consistenza (duro o molle?), la temperatura (caldo o freddo?), le sfumature della forma di un alimento.
È il primo senso che si sviluppa nel neonato; toccare il cibo è infatti un gesto istintivo legato al nostro bisogno di sopravvivenza.
Ma quando parliamo di tatto non ci riferiamo solo alla capacità di percepire il cibo attraverso i recettori presenti sulle mani ma anche ai recettori presenti sul volto e nella bocca, che sono correlati all’esperienza gustativa.
E Potrebbe stupirti ma anche l’udito svolge un ruolo determinate nell’esperienza sensoriale cibo-uomo.
Pensa alle informazioni che possiamo ricavare da alcuni rumori connessi al cibo: il suono del morso di una mela, ad esempio, ci racconta della sua freschezza oppure il crunch fragoroso di una patatina ci dice se è croccante o meno.
Inoltre i rumori di sottofondo riescono ad influenzare il modo con cui percepiamo l’esperienza alimentare: una musica rilassante può esaltare il sapore di un cibo mentre una musica rock può farci mangiare lo stesso piatto ad una velocità maggiore, dandoci ritmo ed energia!!!
Il viaggio attraverso questo percorso sensoriale passa attraverso una tappa importante: la correlazione tra il sistema olfattivo e il sistema gustativo.
Scopriamo che odori e sapori sono intrecciati in modo molto forte. Vediamo quali sono i meccanismi neurofisiologici che legano olfatto e gusto, i sensi chimici nella definizione del gusto.
Quando mangiamo attraverso la bocca e la masticazione, aspiriamo l’odore del cibo, che sale fino alle cavità nasali e ai recettori olfattivi, i quali trasmettono l’informazione al cervello. Quando siamo raffreddati, infatti, è difficile sentire il sapore del cibo!
Il sistema olfattivo è distinto in olfatto ortonasale e olfatto retronasale. L’olfatto ortonasale si attiva quando respiriamo; l’olfatto retronasale quando respiriamo con il cibo in bocca.
Quindi cosa succede? Quando mastichiamo il cibo, i recettori dell’olfatto retronasale presenti nella cavità nasale trasmettono al cervello le informazioni provenienti dalle molecole degli odori. Queste informazioni sono tradotte in “immagini dell’odore” a cui sono associate emozioni e sensazioni specifiche.
Intanto le cellule gustative specializzate, cioè le gemme gustative presenti nelle papille gustative della lingua, nel palato molle, nella faringe, nelle guance e nell’epiglottide, registrano e poi sperimentano i 5 “sapori” fondamentali: amaro, aspro, dolce, salato, umami, cioè il gusto saporito, per la precisione il sapore di glutammato (un amminoacido). Anche se recenti scoperte indicano altri 2 sapori, il sapore di fritto e di grasso.
Quindi possiamo dire che gli alimenti non contengono il sapore ma possiedono molecole odorose che vengono processate dal cervello, schematizzate e mappate, grazie anche agli altri sensi che abbiamo visto sopra. Quindi il cervello trasforma le molecole odorose in immagini correlate a sensazioni che sperimentiamo come sapori ed emozioni, descritte da Proust in modo unico e poetico.
È il cervello, quindi a creare odori e sapori che per noi sono significativi. E lo studio di come il cervello crea la percezione del gusto è oggetto della Neurogastronomia, come afferma Gordon Shepherd.
Shepherd è un famosissimo professore di Neurobiologia alla Yale Medical School, di cui ti consiglio il libro All’origine del gusto. Nuova scienza della neurogastronomia se hai voglia di approfondire l’argomento.
Scopriamo quindi che il gusto è un senso elaborato, una sorta di senso intellettuale, espressione della capacità di cogliere la bellezza e la raffinatezza non solo dei sapori a cui tutti sensi contribuiscono.
E TU CON QUALE SENSO MANGI PRINCIPALMENTE?
QUAL’E’ IL TUO O I TUOI SENSI PREVALENTI NELL’ESPERIENZA CON IL CIBO?
MANGI CON GLI OCCHI?
OPPURE È FONDAMENTALE ASSAGGIARE IL CIBO, ADDENTARLO, MASTICARLO?
O ANCORA ANNUSARLO PRINCIPALMENTE?
O SEMPLICEMENTE TOCCARLO?
Buona scoperta dei tuoi canali sensoriali principalmente coinvolti nel rapporto con il cibo: la consapevolezza è un primo passo importante per comprendere i meravigliosi e misteriosi intrecci della mente e della psiche umana.
Se vuoi qualche spunto in più, scrivimi.
Nicoletta